Lo dico sempre: quando meno te lo aspetti il rudere sta dietro l’angolo e così, mentre con un po’ di malumore dato dalla pioggia che ha accompagnato quel nostro weekend abruzzese, sulla strada del ritorno è apparso maestoso, bello e dormiente un complesso che dava l’idea di essere abbandonato da tempo. Lo dico perché in realtà solo una parte appariva disabitata, quella dove un tempo sorgeva un hotel, che successivamente ho battezzato l’hotel delle feste, un posto attualmente senza insegna e neppure un cenno storico. Fermiamo le macchina e come di consueto Daniele osserva il luogo con il suo sguardo sornione, Deborah tira fuori quella risata che ormai conosco quando è felice per una scoperta, (Elena quel giorno ci ha dato buca) ed io senza nemmeno pensarci due volte mi avvio verso il luogo in cui nei miei sogni ci sono nascoste le anime e i tesori di chi le ha abitate o frequentate.
Arrivato davanti ad un parchetto con rami, erba alta, tavolacci e fil di ferro che mi separavano dalla porta d’ingresso mi rendo conto che i miei amici non mi stavano seguendo. Li chiamo al walkie-talkie intimandoli di venire insieme a me armati delle loro fotocamere. Mentre aspetto il loro arrivo, curioso come sono, mi attrezzo per creare una passerella di tavole sopra ai rovi e agli spini che mi permettesse di raggiungere l’ingresso secondario dell’hotel per poi aspettarli nella prima stanza trovata: la cucina. Il piccolo hotel, abbandonato prima dell’avvento dell’euro, come abbiamo potuto constatare dai prezzi espressi ancora in lire, contiene ancora all’interno qualche mobile in sala da pranzo ed in cucina, tappeti e tendaggi su cui poggiano anni ed anni di polvere. La cosa che più ci ha colpiti è sicuramente una locandina dell’ultima festa di carnevale che avranno organizzato i gestori nella speranza che il ricavato potesse risollevare le sorti di quel posto ma che ahimè, non credo sia andata troppo bene.
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Stefano T.
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