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Immagine del redattoreProspettive Nascoste

La doppia morte di un borgo

Aggiornamento: 7 mar 2020


Ultimamente la pioggia sta diventando una costante nelle nostre uscite. Ora vi raccontiamo il perché. Trovare una giornata libera per tutti e quattro in contemporanea è sempre una cosa molto complicata, per questo qualcuno ha suggerito di sfruttare ponte di fine ottobre per uscire e passare qualche giorno tra la fotografia, la spensieratezza (e come vedremo il cibo). Direzione Abruzzo.


Con l’avvicinarsi del fatidico dì, impegni imprevisti hanno fatto defilare Elena... ma eravamo ormai decisi a partire. Certo svegliarsi il venerdì mattina e trovare un cielo nero e arrabbiato come non si vedeva da giorni non ci sembrava proprio un buon inizio, tant'è che abbiamo deciso di ritardare la partenza al pomeriggio per valutare l’evolversi della situazione meteorologica. Una mattinata a messaggiarci e poi finalmente un (unico) raggio di sole timidamente apriva le nubi. In fretta e furia partiamo, due macchine collegate dalle nostre amabili radio, sempre presenti. Passate velocemente le 3 orette di viaggio, un po’ stanchi e affamati ci fermiamo al paese dove, poche ore prima avevamo prenotato le ultime 2 camere di un hotel. Temperature bassine, subito un cambio di abito e poi di corsa a fare una passeggiata, con l’obiettivo di organizzarci per il giorno seguente. Cosi è stato, e dopo una cena più che abbondante tutti a nanna.


Al mattino seguente, doppia colazione (in montagna bisogna mangiare!) e subito verso la nostra prima meta, ad una trentina di chilometri dalla nostra posizione, nascosta tra le montagne. Avevamo visto questo sito dalla macchina il pomeriggio passato, mestamente nascoste tra gli alberi si scorgevano le rovine di un piccolo borgo, situato sul costone della montagna.

Qualche chilometro di curve, piccola deviazione su una stretta strada sterrata percorsa solo da qualche cacciatore e ci troviamo di fronte una piccola radura con un paio di edifici in totale rovina situati poco sotto il piano stradale. I conti però non ci tornavano. Quello che avevamo visto in precedenza dalla strada, secondo quel che ricordavamo si trovava leggermente più in quota e sicuramente con un’altra esposizione solare. Un po’ confusi decidiamo comunque di scendere e dare un’occhiata. L’intrepido Stefano fa da apripista, mentre io con calma serafica scendo dall'auto e metto mano alla mia reflex.


Dopo qualche minuto, ecco che sempre lui ci comunica di raggiungerlo. Pochi passi, una breve discesa tra le due strutture in rovina, ed ecco che avanti a noi si apre una scena che ci ha lasciati perplessi. Cinque serie di strutture ad un piano tutte uguali, separate in due gruppi da una strada che immetteva in una piazza ove si affacciava anche una chiesa. Ora abbiamo la certezza: non era decisamente quello che avevamo visto il giorno precedente. Iniziamo ad esplorare.

Come spesso ci succede, la chiesa è la prima ad essere fotografata, interni completamente spogli, gli immancabili segni (e danni) dei vandali, qualche preoccupante crepa e nulla di più.





Torniamo all'aperto a guardare e riguardare quelle strutture, stile dormitorio militare o mini allevamento zootecnico, ma troppo piccole per essere l’una o l’altra cosa. Le strutture davano l’impressione di essere state costruite per uno scopo diverso e con uno schema ben preciso.

Iniziamo a girare e notiamo che alcune sono completamente decadenti, altre meno, con evidenti segni di vita. Non riusciamo a capire, fino a quando sulla facciata di uno degli edifici ci sono segni fatti con la vernice per delimitare spazi elettorali. Evidentemente quello che stavamo esplorando era stato per un certo periodo un paese abitato, con addirittura un seggio elettorale. Non c’è molto da fotografare e mentre giriamo nel piccolo complesso ecco che si apre davanti a noi una vista mozzafiato della vallata sottostante e di un costone roccioso, che si ospitava le rovine viste il giorno prima. In pochi minuti le nuvole lasciano spazio ad un velato sole che timidamente ma intensamente scalda l’aria e noi super coperti, stile Fantozzi quando crede di dover andare al polo nord (anziché circolo del polo ndr), iniziamo ad accusare il caldo. Ci mettiamo in marcia dopo esserci alleggeriti dei vestiti di troppo e dopo qualche chilometro in mezzo agli alberi caducifogli, eccoci di fronte ad un altro piccolo paese, più antico e più decadente dell’altro. I segni del tempo sono indelebili, ma notiamo tra le strutture il marchio inequivocabile di una forza immensa, quale è un terremoto. Più giriamo tra quelle che un tempo erano le vie del paese più ci rendiamo conto della distruzione e probabilmente del dolore provato in quegli stessi spazi chissà quanti anni prima, da povere anime. Il giro termina più o meno in un silenzio radio generale. Rientriamo silenziosi verso le macchine con molti dubbi. Era evidente che il centro abitato più vecchio era stato abbandonato a causa dei danni di un terremoto, evidente inoltre che il centro più recente (il primo visitato) era stato costruito per ospitare gli sfollati, ma non capivamo perché erano entrambe abbandonati. La tecnologia non poteva venirci in soccorso per fare una veloce ricerca storica su internet, perciò dopo una meritata pausa al sole che stava di nuovo lasciando spazio alle nuvole ci siamo rimessi in viaggio verso la nostra successiva meta.

Un bel ristorante, dove poter degustare le prelibatezze che una terra come l’Abruzzo sa offrire.


A seguito di un po’ di ricerche storiche, abbiamo scoperto che il paese più vecchio (costruito nel XIII secolo con lo scopo di controllare la zona circostante e la vallata) già dalla fine del 1800 aveva poche centinaia di abitanti che a seguito di devastante terremoto nel 1915, lo abbandonarono per trovare riparo in una zona meno impervia e più vicino alla statale, dove poi fu edificato il nuovo borgo che per anni ha ospitato gli sfollati fino a quando la desolazione e la mancanza di servizi hanno spinto man mano gli abitanti a lasciare le loro abitazioni alla volta di un altro paese poco lontano, che tuttora conserva un quartiere dedicato proprio agli abitati o loro discendenti di questi due sfortunati borghi.


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Daniele F.

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