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Immagine del redattoreProspettive Nascoste

La casa del partigiano

Forse realtà o forse leggenda, non ho mai voluto approfondire la cosa, ma per me questa che vi sto presentando è da circa 30 anni la casa del partigiano, nonché il mio primo urbex esplorato quando ancora non sapevo cosa fosse una macchina fotografica. Andiamo per ordine: avevo circa una decina di anni quando con un mio amico di scuola, dopo aver studiato correvamo nei campi vicino casa nostra. Correvamo senza una meta; per sentire il vento che ci sfiorava il viso e per urlare al cielo la nostra voglia di liberarci dal peso dei compiti e dalle opprimenti giornate di scuola. Un pomeriggio di maggio correndo ci allontanammo fino ad arrivare in un prato. Lui si fermò ed io di conseguenza mi fermai dietro di lui. Guarda laggiù mi disse; quella è la casa di un partigiano, me l’ha detto mio padre.



Io rimasi per qualche minuto a bocca aperta ed in men che non si dica eravamo dentro a cercare i tesori nascosti del partigiano. Forse non sapevamo nemmeno cosa volesse dire quella parola altrimenti avremmo saputo che difficilmente i partigiani avevano accumulato dei tesori nella loro vita ed infatti ad accoglierci c’era un umile arredamento e qualche stoviglia Lisi dal tempo già agli inizi degli anni novanta. Ricordo ancora però in cucina quel mobile di legno sverniciato con posate, piatti e bicchieri. Ah se avessi avuto una macchina fotografica in quei tempi. Sono cresciuto e il ricordo di quella casa veniva a farmi visita solo quando guardavo qualche vecchio film neorealista. Da quando con i miei amici abbiamo creato prospettive nascoste mi sono ripromesso di portarli a visitare quello che è ancora uno dei miei posti del cuore e così è stato. La casa del partigiano fa parte dell’ultimo capitolo della trilogia che riguarda “la Villa degli affreschi” e “un bel fuori programma” perché quel giorno, nell'ultima uscita prima del lockdown con Elena e Deborah siamo riusciti a fotografare ben tre posti. L’emozione nel portare le mie amiche li e rivedere quella vecchia casa adagiata sulla collina è stata talmente grande da farmi scendere una lacrima e sinceramente l’ho trovata bene anche dopo trent'anni. La struttura è ancora forte e regge bene il passare degli anni anche se all'interno è ormai vuota e parte dei mobili che erano al piano di sopra, sono finiti a fare cumulo in quella che doveva essere una cantina. Da bambino guardando il tavolo, le sedie e i piatti, ho immaginato le cene veloci del partigiano, magari nel buio della notte, quando andava a far visita a sua moglie e ai suoi figli mentre l’ultima volta che ci sono andato sono stato affascinato dal grande camino, l’unica cosa rimasta, dove ho immaginato il mio "amico" riscaldarsi le mani nelle nottate invernali, prima di andare via e chiudersi la porta alle spalle e chissà, forse senza mai più ritornare dai suoi cari.


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Stefano T.

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